Vernice della mostra dedicata a Wildt che sarà aperta ai Musei San Domenico di Forlì dal 28 Gennaio al 17 Giugno. Adolfo Wildt (1868-1931). Scultura per questo 2012, travagliato gia nell'esordio, ma attenzione non è la scultura di Canova. ll 2009 è lontanissimo, ora siamo immersi nella consapevolezza...Ciò che abbiamo temuto come possibile futuro ora è il presente, l'orizzonte è divenuto. non più una linea a perdita d'occhio, ma il terreno che calpesto oggi. Il paese, anzi il vecchio continente ha scoperto il proprio nuovo avatar, non più le immagini, i versi e le rime, la narrazione che dalla notte dei tempi incanta l'uomo e lo salva, non più la musica e il bel canto. Non più. Oggi, ha preso forma in avatar il denaro, che fluido scorre tra i polpastrelli digitali della finanza, il suo valore non più virtuale, ma politico, perchè capace di dominare la scena del mondo senza più infingimenti, capace di riscrivere le regole della Polis.
Ebbene, mentre l'Europa sta di fronte a questo suo nuovo avatar, ecco questa mostra che porta in un museo di provincia che fu sede di una comunità di religiosi, il senso dell'esistenza di uno scultore sconosciuto ai più, non noto a quelli che in massa fanno coda fuori dai musei dove va in scena la grande stagione pittorica dei Monet, Manet, Degas,Van Gogh...Wildt? Chi è costui direbbero i tanti in coda in un altrove.
Ai Musei San Domenico, vedremo Wildt, vedremo, forse,cose che non vorremmo vedere, le bocche spalancate e cave, gli occhi svuotati o chiusi ( non perdete Santa Lucia) o persi in un vuoto guardare, le figure così "lisciate" nel marmo quasi a purificarsi, a espellere la propria consistenza fuori dalla linea formale, e finalmente volentieri faremo sosta di fronte al "Filo D'oro",alla testa del fanciullo che concede una pausa di leggiadria. La pittura si guarda e guardandola si immagina qualcosa, la scultura si vorrebbe toccarla, percepirne al tatto la sostanza, seguire con mano la forma mentre ci si domanda il perchè di quella fatica di escavarla da un blocco di marmo. No, la mano resta sospesa a mezz'aria, non si può toccare l'anima che tace o grida lì, dentro.